BLOGGER TEMPLATES - TWITTER BACKGROUNDS »

martedì 10 novembre 2009

Una riflessione per mamma

Cara mamma,
leggendo questo passo de L'Identità di Kundera non ho potuto fare a meno che pensare a te. Grande cosa è di per sè la letteratura, ancora più grande quando getta una lente trasparente e chiarifica quei sentori e quelle percezioni che sono in noi sì, ma sfuocate. Grande cosa è la cultura che è così vicina alla materialità della vita (beata ignoranza e a chi crede si tratti semplicemente di una serie di facezie mentali!).

Mi sento in dovere di chiederti di non leggere tutto in funzione della tua vicenda personale (il figlio in questione è morto diversi anni fa) ma di soffermarti soprattutto sulla prima parte che mi ha ricordato molto lo stesso ardore che metti tu nel partecipare alla mia vita. Mi prendo, tuttavia, la libertà di riportare il testo nella sua completezza ai fini di una più ampia comprensione.

"E' impossibile avere un figlio e disprezzare il mondo così com'è fatto, perchè è a questo mondo che l'abbiamo destinato. E' per via di nostro figlio che ci interessiamo tanto al mondo, che pensiamo al suo futuro, che ci lasciamo coinvolgere nel suo frastuono e nei suoi fermenti e prendiamo sul serio la sua irrimediabile stupidità. Morendo, mi hai privata del piacere di stare con te, ma al tempo stesso mi hai resa libera. Libera di fronte al mondo che non amo. E se posso permettermi di non amarlo è solo perchè tu non ci sei più. I miei pensieri cupi non possono più ricadere su di te come una maledizione. Oggi, a distanza di tanti anni, voglio dirti che ho capito: la tua morte è stata un dono - e questo terribile dono io ho finito per accettarlo. "

E' chiaro che a prima vista le parole della protagonista possano risuonare con un'eco di egoismo, come un macabro compiacimento per la morte del figlio. E' chiaro che il passo va contestualizzato. Ma al di là della conclusione, tragicamente paradossale, c'è da evidenziare un amore di fondo che è in grado di cambiare il sentimento della madre la quale arriva ad amare un mondo che - in assenza del figlio, invece - odia. La morte è in questo caso il luogo della chiarificazione, della verità. Muore il figlio, cade la maschera. Non è in fondo una maschera quella che indossa una madre ogni giorno? Le sofferenze nascoste, i colpi incassati in silenzio. L'assenza di un essere al quale la vita ci ha costretti (non per forza in senso negativo) a dare conto in ogni momento della nostra vita, evidentemente fa sì che si possa essere finalmenti LIBERI da quel vincolo e dall'obbligo di mostrarsi madri oltre che di esserlo. E' bello anche quando dice "morendo mi hai privata del piacere di stare con te": la morte del figlio è ASSENZA VERA. La sofferenza non si inserisce nell'ordine universale della sofferenza generata dalla morte di un figlio, ma dal caso specifico "mi hai privata del PIACERE di stare con TE".